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Nina Shea (Hudson Insititute): Usa e Onu discriminano rifugiati cristiani - Matchman News
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Nina Shea (Hudson Insititute): Usa e Onu discriminano rifugiati cristiani

Lo scorso 6 Ottobre con un magnifico editoriale sul Wall Street Journal Nina Shea, direttrice del prestigioso Hudson Institute Center di Washington per la Libertà Religiosa, ha voluto denunciare il completo abbandono da parte degli Usa e delle Nazioni Unite nei confronti dei cristiani in Medio Oriente. Scrive Nina Shea che “sei mesi fa, il […]

Lo scorso 6 Ottobre con un magnifico editoriale sul Wall Street Journal Nina Shea, direttrice del prestigioso Hudson Institute Center di Washington per la Libertà Religiosa, ha voluto denunciare il completo abbandono da parte degli Usa e delle Nazioni Unite nei confronti dei cristiani in Medio Oriente. Scrive Nina Shea che “sei mesi fa, il […]

Lo scorso 6 Ottobre con un magnifico editoriale sul Wall Street Journal Nina Shea, direttrice del prestigioso Hudson Institute Center di Washington per la Libertà Religiosa, ha voluto denunciare il completo abbandono da parte degli Usa e delle Nazioni Unite nei confronti dei cristiani in Medio Oriente.

Scrive Nina Shea che “sei mesi fa, il segretario di Stato John Kerry ufficialmente ha riconosciuto come Stato Islamico sia “responsabile di genocidio” contro i cristiani, yazidi e altri gruppi vulnerabili nelle aree sotto il controllo ISIS in Siria e in Iraq. Allora, perché nè l’amministrazione Obama né le Nazioni Unite hanno mai riconosciuto e agito contro questo genocidio?”.

La Shea argomenta con compiutezza le sue preoccupazioni, evidenziando che “il Dipartimento di Stato dice che sta aiutando le minoranze religiose che sono fuggite, insieme a milioni di altri profughi siriani e iracheni, in primo luogo attraverso l’ONU, gli USA hanno inviato oltre la metà di $ 5,6 miliardi di aiuti umanitari stanziati per i siriani dal 2012 alle Nazioni Unite. Eppure l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati e l’Alto Commissario emarginano (UNHCR), emarginano i cristiani”.

Secondo la Shea, al di là delle comunicazioni ufficiali che vedrebbero solo i rifugiati musulmani disponibili a fornire le proprie generalità e perciò usufruire degli aiuti della Agenzia dell’Onu, “ci sono prove che suggeriscono che il problema si trova all’interno dell’UNHCR.

Citando i rapporti di molti cristiani sfollati, un rapporto di gennaio sui rifugiati cristiani in Libano di Catholic News Service ha dimostrato che: ‘le opzioni di uscita sembrano senza speranza per i cristiani rifugiati che lamentano che i membri del personale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati non stanno seguendo i loro casi e si limitano a un solo colloquio preliminare nel loro caso’. Questo fallimento potrebbe essere solo un altro esempio del perché nel suo Rapporto di aprile scorso (2016/43) la Divisione ‘Internal Audit’ delle Nazioni Unite ha dichiarato “insoddisfacente” la gestione dell’ UNHCR”.

La Shea prosegue la sua articolata denuncia ricordando le risposte del dicembre scorso dell’allora Alto Commissario per i Rifugiati, oggi Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres che giustificava il numero sproporzionatamente basso di cristiani siriani reinsediati all’estero, affermando che i cristiani devono rimanere in Medio Oriente perché sono parte del DNA della regione.

In realtà, pochissimi cristiani e yazidi sono presenti anche nei campi profughi regionali dell’UNHCR per la paura di violenze e discriminazioni, come affermato anche dal funzionario dell’UNHCR Stephen Rasche, che al Congresso degli Stati Uniti nel settembre scorso ha ricordato che ad Erbil “non ci sono cristiani che entreranno nei campi U.N. per paura della violenza contro di loro. Dal mese di Agosto 2014, oltre alle tende e ai teloni per il riparo, la comunità cristiana in Iraq non ha ricevuto nulla di più, da nessuna ‘agenzia’ umanitaria degli Usa e delle Nazioni Unite’”.

L’amministrazione invece secondo la Shea dovrebbe “garantire che gli aiuti americani raggiungessero queste minoranze sfollate, tra cui i visti per i rifugiati più bisognosi. Il Congresso può fare in modo che questo accada rapidamente, portando rapidamente al voto l’impegno già preso nelle risoluzioni vincolanti presentate lo scorso 8 Settembre dai Parlamentari americani Chris Smith (R., N.J.) e Anna Eshoo (D., Calif.)”.

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