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Sophia Kuby (ADF Int.), speranze perché l’Inviato Speciale si riveli "un esperimento per un più lungo mandato" - Matchman News
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Sophia Kuby (ADF Int.), speranze perché l’Inviato Speciale si riveli “un esperimento per un più lungo mandato”

Come abbiamo visto, lo scorso 6 maggio, il presidente della Commissione Europea Junker ha annunciato la nomina del nuovo inviato speciale per la “promozione della libertà di religione e credo al di fuori dell’Unione Europea”. Matchman News ha intervistato Sophia Kuby, Director of Advocacy presso ADF International per aiutarci a capire come una decisione di […]

Come abbiamo visto, lo scorso 6 maggio, il presidente della Commissione Europea Junker ha annunciato la nomina del nuovo inviato speciale per la “promozione della libertà di religione e credo al di fuori dell’Unione Europea”. Matchman News ha intervistato Sophia Kuby, Director of Advocacy presso ADF International per aiutarci a capire come una decisione di […]

Come abbiamo visto, lo scorso 6 maggio, il presidente della Commissione Europea Junker ha annunciato la nomina del nuovo inviato speciale per la “promozione della libertà di religione e credo al di fuori dell’Unione Europea”. Matchman News ha intervistato Sophia Kuby, Director of Advocacy presso ADF International per aiutarci a capire come una decisione di tale portata darà forma al nostro futuro.
Lo scorso 6 maggio, il presidente della Commissione Europea Junker ha annunciato la nomina del nuovo inviato speciale per la “promozione della libertà di religione e credo al di fuori dell’Unione Europea”. Oltre al genocidio perpetrato dall’ISIS, quali potrebbero essere le questioni che Figel potrebbe decidere di affrontare?
Il genocidio delle minoranze religiose in Medio Oriente è ovviamente la questione più urgente. Mi aspetto che l’Inviato Speciale affronti la questione con fermezza, dato che la decisione della Commissione di creare questo nuovo ruolo si riferisce, da un punto di vista giuridico, alla recente risoluzione del Parlamento Europeo sul genocidio (Risoluzione sulle uccisioni sistematiche di massa da parte dell’ISIS).
Oltre a ciò, non mi sorprenderebbe se l’Inviato Speciale si concentrasse su uno o due regioni, per iniziare. Dobbiamo ricordare che il suo mandato è dato solo per un anno al momento; perciò occorre concentrarsi [su solo alcuni obiettivi] per produrre qualche risultato tangibile.
Le sfide sono molteplici: le leggi anti conversione in molti paesi asiatici, che impediscono le persone di lasciare liberamente la propria religione e provocano crescente persecuzioni. Questo potrebbe essere un buon punto di inizio per l’Inviato, posto che è nell’interesse della UE promuovere lo stato di diritto, secondo il diritto internazionale. Disposizioni di legge che rendono difficile o impossibile il godimento della libertà religiosa non sono riconciliabili con le posizioni UE su questo argomento e ciò va affrontato.
La Commissione UE sembra aver preso una direzione opposta rispetto al Governo Canadese, che ha deciso di non conservare Office for Freedom of Religion. Inoltre, questo nuovo Inviato Speciale si occupa esplicitamente di promuovere la libertà religiosa “al di fuori dell’Unione Europa”: cosa significa questo nell’ambito della Politica Estera dell’Unione Europea?
La UE ha fatto un importante primo passo verso una migliore protezione della libertà religiosa nel mondo. La differenza con l’Office for Freedom of Religion canadese è il fatto che l’Inviato Speciale non è un ruolo istituzionalizzato. Ha una funzione consultiva nei confronti del Commissario per lo Sviluppo [Internazionale] e la Cooperazione con un mandato di un anno. Si tratta di un passo nella giusta direzione, ma che dimostra anche una certa riluttanza ad istituzionalizzare la promozione della libertà religiosa.
C’è speranza che questo primo anno dell’Inviato Speciale possa essere un esperimento per un più lungo mandato verso l’istituzionalizzazione dell’incarico. Se l’Inviato avrà successo nel mostrare il carattere sistematico, globale e continuativo delle limitazioni alla libertà religiosa, il Presidente della Commissione potrà disporre di un valido precedente per un rinnovo o l’istituzionalizzazione della carica.
Quanto alla prospettiva della politica estera, essa è chiara. Il mandato si concentra sul lavoro al di fuori della UE. Questa nuova posizione dell’Inviato speciale è una risposta ai molti report che segnalano una crescente persecuzione religiosa in tutto il mondo. L’Europa è spesso vista come un porto sicuro nel mezzo di un crescente subbuglio, spesso scatento da conflitti religiosi. Perciò, è assolutamente ragionevole tenere sottto controlo la situazione estera.
Potremmo considerare questo come un segnale di un cambiamento forte, nelle disposizioni più profonde delle istituzioni europee (magari non sempre attente alla prospettiva della libertà religiosa)?
Se da una parte diamo il benvenuto alla nomina dell’Inviato Speciale, dobbiamo riconoscere certa riluttanza nel creare una carica isituzionalizzata. Dovremmo aspettare per vedere quale grado di sostegno politico riceverà il suo lavoro dalle istituzioni e se i suoi risultati stimoleranno il cambiamento.
Sarebbe troppo prematuro parlare per ora di un profondo cambiamento di atteggiamento. Siamo in un contesto politico, dove molti aspetti sono oggetto di negoziazione e di strategie efficienti. Penso che si possano vedere comunque segni positivi, specialmente una crescente consapevolezza, da parte delle istituzioni UE, del problema della persecuzione e della esclusione sociale per motivi religiosi. Alla fine però, ciò che conta è la volontà politica.
In ogni caso, possiamo dire che fosse il Parlamento a richiedere “questa iniziativa con la sua Risoluzione del 4 febbraio 2016”. Può cortesemente spiegarci il contesto di questa risoluzione?
La cosiddetta “genocide resolution” è stata un successo che però non possiamo sovrastimare. Di fatto, il Parlamento Europeo è stato la prima istituzione internazionale che grazie a questa risoluzione ha riconosciuto il continuo genocidio contro i cristiani e le altre minoranze religiose nel medio oriente.
Una settimana prima [dell’adozione della risoluzione], il Consiglio d’Europa aveva già riconosciuto il fatto che le atrocità degli jihadisti costituissero un genocidio, ma vi era ancora una certa ricalcitranza a chiamare per nome le vittime (cristiani, yazidi e altre minoranze).
La risoluzione è stata preceduta da un acceso dibattito. Raramente ho potuto vedere così tanti parlamentari di ogni gruppo politico parlare con tale ardore da parlare unanimemente in favore di questo riconoscimento. La risoluzione è un punto di svolta, un chiaro segno che gli europei non vogliono chiudere un occhio queste crasse ingiustizie, commessi alla porta accanto.
Come logica conseguenza di questo consenso emergente e della consapevolezza della crescente persecuzione religiosa, i membri del parlamento, al paragrafo 10 della risoluzione,  hanno fatto appello per la creazione di un Rappresentante Speciale per la libertà religiosa. Un rappresentante speciale sarebbe dovuto essere un incarico istituzionale, non un semplice consulente; ma ancora, un consulente è un eccellente ed importante punto di inizio.
Quali effetti ritiene potrà avere sugli sforzi della società civile nella promozione della libertà religiosa nell’UE?
Le organizzazioni della società civile, comprese quelle di carattere umanitario, svolgono un ruolo chiave nel sensibilizzare, nel suscitare consapevolezza del problema della persecuzione religiosa. Su base annuale, rapporti di varie organizzazioni costituiscono una preziosa fonte di informazioni, anche per le istituzioni europee stesse e regolarmente sono presentate al Parlamento  Europeo, grazie anche al sostegno dei Membri del Parlamento.
Ma anche le altre organizzazioni che si concentrano più su aspetti legati alle riforme giuridica e politica, al fine di rafforzare la libertà religiosa, giocano un ruolo importante. La loro professionalità e la loro conoscenza sono spesso bene accolte dalle istituzioni. La presenza delle organizzazioni della società civile presso le istituzioni internazionali (non solo la UE) è necessario per fare – come già avviene – la differenza.
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